Comunità Parrocchiale Tuscania

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Don Lidano Pasquali

Don Lidano Pasquali nacque a Tuscania il 31 agosto 1914. Fu ordinato sacerdote il 13 marzo 1937 dal vescovo Mons. Emidio Trenta. L’anno successivo, poiché Don Luigi Sartori per limiti di età lasciava la parrocchia dei SS. Marco e Silvestro, Don Lidano ne divenne dapprima economo, poi rettore fino alla morte.

Canonico del Capitolo della Cattedrale, venne affidata a Don Lidano la custodia dell’Archivio Storico Capitolare e Vescovile, di cui approfondì costantemente la conoscenza, dedicando, dopo aver espletato i suoi impegni pastorali, parte del suo tempo libero all’erudizione, analizzando con perizia le fonti documentarie rilevate in diversi archivi e portando alla luce numerose notizie di storia locale. Lungo il corso degli anni ha sempre riversato con abnegazione tutto il suo sapere nelle menti di numerosissimi giovani laureandi, che avevano necessità di consultarlo per motivi di studio.

Ed è proprio contattando le persone colte che Don Lidano compiva opera di apostolato, perché, dopo aver trattato argomenti di storia locale, trovava sempre il modo per instillare nell’animo del suo interlocutore una buona parola per spingerlo a compiere il bene; pertanto non ci si può rammaricare se Don Lidano non ci ha lasciato nulla di scritto ed ha portato via con sé tutte le sue immense conoscenze storiche: ci ha lasciato, però, l’esempio di un uomo generoso, giusto, onesto e pio.

Trovava sempre il modo per esprimere una parola caritatevole per tutti. Coloro che non avevano dimestichezza con la cultura storica l’avvicinavano sempre con piacere, perché in ogni circostanza Don Lidano sapeva trovare parole appropriate, adatte ad ogni situazione, magari raccontando aneddoti assai spesso curiosi da suscitare ilarità negli uditori, che finivano per essere sempre edificati da un sano commento finale, perché l’ilarità e la bonomia di Don Lidano non non era mai fine a se stessa, ma sempre in funzione una buona parola, da spendere per incoraggiare ad operare il bene.

Fu tenuto in grande stima anche dal Ministero dei Beni Culturali, che lo nominò Ispettore Onorario di zona. Don lidano fu anche appassionato cultore di musica sacra e provetto organista.
Riportiamo le parole che una sua parrocchiana, Angelica Cesetti Mancini, gli dedicò davanti a tutti i parrocchiani festosi, nel marzo 1987, in occasione del cinquantesimo di sacerdozio:

“A Don Lidano Pasquali!
È bello ricordare il Cinquantesimo di sacerdozio del nostro Parroco!
Ricordo bene.

Era appena un ragazzo, timido, impacciato, che durante l’omelia non riusciva a spiccicare una parola!

Chi l’avrebbe mai detto che dietro quella timidezza si nascondeva una cultura tale da convertire tanti chierichetti al sacerdozio, da produrre anche alcuni missionari, che sono andati oltre Oceano a portare la Buona Novella!

Questo dimostra quanta capacità di convinzione abbia avuto la sua semplice parola.

Per noi parrocchiani, e per il nostro Paese, la figura di Don Lidano sia sempre onore e vanto!

Ricordo poi il coraggio dimostrato dopo il terremoto del 6 febbraio 1971. Rimase ferito, fu sballottato a destra e a sinistra, ma il suo buon senso non è mai venuto meno nel prendere rapide decisioni. In uno di questi freddi locali installò un semplice altare e riprese immediatamente il suo ministero sacerdotale, sull’esempio dei primi Cristiani. Noi parrocchiani gli eravamo vicini, per riprendere coraggio dopo quel triste evento.

Don Lidano è stato un uomo di cultura: ha anche collaborato per la pubblicazione di un volume sulla storia di Tuscania.

Ricordo anche la sua costante presenza nelle nostre gite: siamo stati sempre tutti contenti di averlo con noi, sia per il suo spirito, perché si sapeva ben adattare alle nostre esigenze, ma soprattutto per l’autorità sacerdotale: in una parola, noi eravamo tranquilli e sicuri per il solo fatto della sua presenza in mezzo a noi!

Oggi, il suo peregrinare non è ancora finito. Iddio lo prova ancora! Ed egli sopporta la sua infermità con cristiana rassegnazione. Anziano e solo, lo vediamo aggirarsi per il nostro quartiere, tranquillo e sereno.

Ora, in questa ricorrenza, tutti uniti, caro Don Lidano, vi facciamo festa in questo grande giorno, che Iddio prolungherà!”

Tormentato negli ultimi anni da una grave infermità, accettò tutto senza un lamento, con fede viva, costante serenità, questa sua sorte, che lo costrinse a girare da un ospedale all’altro, per depositarlo sulla solglia del Regno, dove l’anima è in gloria. Don Lidano morì il 19 maggio 1990, all’eta di 76 anni.

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Don Steno Santi

Don Steno Santi nacque a Tuscania il 21 novembre 1927. Fu ordinato sacerdote il 26 giugno 1950 e divenne canonico della Cattedrale di Tuscania, ma si stabilì a Viterbo, dove svolse numerosi incarichi: fu prima vicerettore nel Seminario Interdiocesano, dove collaborò con il rettore Mons. Umberto Guidobaldi, poi fu nominato viceparroco di S. Angelo in Spatha infine tornò nel Seminario Interdiocesano come Direttore Spirituale (nomina del 22 settembre 1957), dedicandosi anche all’insegnamento di Religione delle scuole superiori.

Nell’anno scolastico 1971-1972 i vescovi dell’Alto Lazio lo nominarono Rettore del Seminario Regionale di S. Maria della Quercia. Rimase ancora qualche anno a Viterbo, fino a quando il vescovo Mons. Luigi Boccadoro lo destinò a Tuscania, come primo parroco della nuova chiesa del S. Cuore (aprile 1976), sorta in seguito al sisma che colpì la nostra Città il 6 febbraio 1971.

Nel 1984 Don Steno lasciò questa parrocchia per essere trasferito in quella della Cattedrale di S. Giacomo, dove svolse per un ventennio un’intesa attività pastorale. Tra le sue numerose altre attività ricordiamo quella di Vicario Episcopale per i Religiosi, membro del Consiglio Presbiteriale, Direttore dell’Ufficio Catechistico Diocesano, Assistente Diocesano per la Gioventù di Azione Cattolica, maschile e femminile.

Nel silenzio, ad di là degli incarichi ufficiali, Don Steno ha sempre svolto un’intensa attività nella direzione spirituale di moltissimi laici e sacerdoti, che frequentavano periodicamente la sua abitazione.

Il 24 giugno 2000, gli amici vollero festeggiare attorno a lui il suo “Cinquantesimo di Sacerdozio”: “Il 26 giugno 1950 – disse il suo amico di studi Mons. Salvatore del Ciuco – in una giornata inondata di sole, il vescovo Adelchi Albanesi nella magnifica Basilica di S. Pietro, ti ordinava sacerdote di Cristo!…Lo so che tu avresti preferito passare il tuo Cinquantesimo di sacerdozio nel silenzio e nella preghiera, ma questi cinquanta anni non sono solo tuoi: sono le ore e i giorni di un prete. E il prete è di tutti. Tutti noi sentiamo, caro Don Steno, che il tuo sacerdozio ci appartiene…Un lungo fiume di ricordi assale il mio animo in questo momento. Personalmente non finirò mai di ringraziare Dio per aver intrecciato la mia vita con la tua. Dodici anni di studi prima nel seminario interdiocesano, poi in quello Regionale, alla Quercia. Ricordo ancora tuo padre Umberto, la mamma Clara, dei quali ho sperimentato il sorriso e la tenerezza, e al sacrificio dei quali devi se oggi tu sei prete. Come dimenticare la dolce Adonella, tua sorella, e i parenti tutti che ti sono stati sempre vicini con l’affetto e le premure, rendendo più facile il cammino del tuo sacerdozio? Ricordi gli anni meravigliosi trascorsi insieme come educatori nel Seminario di Viterbo? Forse gli anni più belli del tuo e del mio sacerdozio…”.

Don Steno morì all’età di 77 anni, nell’ospedale civile di Narni il 4 ottobre 2004. Nel giorno dei suoi funerali, il 6 ottobre, il Duomo di Tuscania non riuscì a contenere i fedeli che vi convennero per dare l’ultimo saluto al loro parroco. Celebrarono le esequie il vescovo diocesano, Mons. Lorenzo Chiarinelli ed una cinquantina di sacerdoti e diaconi. Il vescovo nell’omelia mise in risalto le doti di Don Steno, sacerdote di profonda spiritualità e generosissimo nell’opera pastorale: “Nei suoi 54 anni di apostolato – evidenziò il vescovo – Don Steno ha dimostrato una spiccata dote di educatore rispettoso, attento ed umile. La Chiesa di Viterbo lo accompagna con la preghiera nel suo incontro con Dio, certa, nella fede, che Don Steno verrà accolto tra le braccia del Padre buono e misericordioso di cui Don Steno era stato ministro credibile e fedele”.

Al termine della celebrazione anche il Sindaco di Tuscania Antonio Peruzzi lesse una testimonianza di stima e di affetto nei confronti di Don Steno, che per tutta la comunità era stato un punto di riferimento per saggezza e ricchezza spirituale. Queste parole furono condivise da tutti i cittadini di Tuscania presenti alle esequie, che con un applauso fragoroso si associarono alle parole del primo cittadino.

Alla morte di Don Steno, tutte le parrocchie del centro storico sono state unificate in un’unica parrocchia, che il vescovo Mons. Chiarinelli ha affidato a Don Alessandro Panzeri.

 

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Mons. Giuseppe Ricci

Mons. Giuseppe Ricci nacque a Tuscania il 18 dicembre 1921. Venne ordinato sacerdote nelle basilica di S. Pietro a Tuscania il 29 giugno 1946 dal vescovo Mons. Adelchi Albanesi.

Per lunghi anni svolse l’attività di Priore della Collegiata di S. Maria Maggiore (SS. Martiri), succedendo nel febbraio 1949 a Don Giuseppe Cupelli.

Qui Don Giuseppe Ricci svolse un intenso apostolato, prima presso l’Oratorio S. Luigi, poi come educatore tra i giovani della locale Azione Cattolica. Promosse varie attività culturali e sportive tra i numerosi giovani che frequentavano il circolo ACLI. Ricordiamo la fondazione di scuole serali negli ambienti della parrocchia ed il sostegno fornito ai giovani nelle discipline sportive, come la pallavolo, l’atletica leggera, ma soprattutto con la creazione della squadra di calcio “Fulgur”, dove Don Giuseppe coinvolse numerosissimi giovani e tecnici sportivi locali.

Il 15 ottobre 1962 il vescovo Mons. Adelchi albanesi lo nominò Delegato vescovile della diocesi di Tuscania.

Trascorse gli ultimi anni della sua vita fungendo da padre a tanti ragazzi ospiti dell’”Istituto Sacro Cuore” di Capodimonte, fondato da Mons. Leopardo Venturini ed a questi succeduto nella direzione dell’Istituto (dicembre 1966). Don Giuseppe continuò l’opera di Don Leopardo, acquistando un altro appezzamento di terreno confinante con l’Istituto S. Cuore per crearvi nuove aule scolastiche per i suoi ragazzi.

Dopo essere stato nominato Monsignore (cappellano di Sua Santità), il 25 maggio 1978 il vescovo lo scelse come vicario generale per la diocesi di Viterbo e Tuscania; e tale incarico svolse fino alla morte, che lo colse il 2 giugno 1983dopo un breve ricovero presso l’Ospedale Civile di Montefiascone.

Lo ricordiamo con le parole che il vescovo, Mons. Luigi Boccadoro, pronunciò nel Duomo di Tuscania, in occasione delle esequie funebri.

“È un dolore vivo l’imprevista morte di Mons. Giuseppe Ricci, a poco più di 61 anni di età. Nonostante le diligentissime, assidue e moderne cure del Prof. Pugno, della sua équipe e di tutto il personale paramedico dell’Ospedale Falisco, egli non è riuscito a superare suoi antichi, palesi e reconditi mali. Inveterati e irriducibili, essi hanno abbattuto una vita ancora giovane che pure ci aveva dato, in questa degenza durata 17 giorni, alterni momenti di timore, di fiducia in Dio, contro ogni umana speranza, di un superamento e di una ripresa.

Egli, cosciente e consapevole, da quel buono e pio Sacerdote qual era, aveva affermato di accettare la croce di una anticipata chiamata all’eternità, croce che, in vita, lo aveva contraddistinto e privilegiato; assimilato e configurato, nella sua fisionomia spirituale e fiducia, a Cristo e che ora, in morte, lo unifica al Divino Paziente nel sacrificio del Calvario.

E così, quest’Anno Santo, che ci fa contemplare il Crocifisso, ha fatto partecipare questo nostro Confratello e la nostra stessa Chiesa, a quell’oblazione salvifica.

La perdita per la Chiesa locale è assai grave: per la giovane età; per l’Ufficio di Vicario Generale, un servizio – impegnativo, ingrato e difficile – che aveva svolto con zelo e passione; per le sue risorse di mente e di cuore; per l’opera di carità benefica, che aveva impiantato col suo amico e maestro Mons. Leopardo Venturini, a Capodimonte, e che aveva tirato avanti con corrisposta fede nella Provvidenza Divina.

La nostra partecipazione alla Passione e Croce di Cristo, in questo Anno Santo, è tanto più significativa, proprio perchè più costosa.

Ci si può chiedere: perchè la Croce? In realtà a rimediare a tutto il male, a tutto il peccato del mondo, sarebbe bastata una goccia di sangue, o una sola lacrima, anzi un solo atto d’amore dell’Uomo-Dio, perchè ogni sofferenza nella sua umanità, riceveva un valore infinito dall’Io divino cui apparteneva. Ci troviamo davanti al mistero della Croce. Sempre mistero. Mistero che, forse, può capire chi, in qualche modo, ha fatto o visto un’esperienza di dolore abbracciato con amore e per amore.

I Santi sono coloro che hanno fatto meglio questa esperienza e hanno capito di più la Croce. Ma anche certe madri, certi padri di famiglia, certi giovani fiorenti “come gigli tra le spine “, certi Sacerdoti, certe anime consacrate che si sono immolate nella penombra dei chiostri come la nostra Sr. Maria Gabriella, beatificata da Giovanni Paolo II il 25 gennaio nella Basilica di S. Paolo o come questo nostro pio Confratello a cui rivolgiamo l’estremo saluto.

Bisogna pregare il Signore di farci capire e amare il mistero della croce che sta in ogni vita, specialmente nell’ora della prova, fisica o morale che sia.

Se uno in quell’ora capisce e cerca, in silenzio, di conformarsi a Cristo. diventa non solo più cristiano, più Sacerdote, ma anche più umano. Questo è il messaggio che colgo da questa preziosa morte. Cristo Redentore è “un modello di vita per l’uomo”.

San Tommaso, quando cerca di spiegare le ragioni della Croce, insiste sull’esemplarismo che Cristo doveva e voleva offrirci perché, come raccomanda S. Pietro, seguissimo “le sue orme” (1 Pt 2,21). Tutto questo discorso e questa vita del Vicario, non spenta ma trasformata, si può riassumere così: perchè la Croce ci insegnasse a vivere, ad amare, a capire, a maturare, a essere uomini responsabili, ad abbandonarci generosamente nelle braccia del divino beneplacito. “Padre, non la mia, ma la tua volontà sia fatta. Tutta la vita di Cristo fu croce e martirio!” Così – mi aveva una volta confidato Don Giuseppe – deve essere la vita del Sacerdote. E’ la Croce a scegliermi; a noi l’abbracciarla.

Il mistero della Redenzione, che si attua nella Croce, si rinnova, si fa presente, si riattualizza sacramentalmente nel mistero dell’Eucaristia che è il mistero della Redenzione: Cristo è presente realmente sotto segni sacramentali, pane e vino.

Il mistero dell’Eucaristia e della Redenzione Mons. Ricci lo celebrò fedelmente per 37 anni. Egli, da questo vertice e da questa dolorosa esperienza, sembra dirci: – Guardate, o fratelli, che il vertice del creato, costituito dall’Incarnazione, è qui presente. Il centro dell’economia della salvezza, il mistero pasquale, è qui presente. La Croce è qui presente. La gloria di Cristo risorto è qui presente. La fonte della vita e della risurrezione universale è qui presente. Il punto d’equilibrio e d’armonizzazione dell’universo, il Verbo eterno di Dio, è qui presente. Il principio energetico “da cui tutte le cose hanno origine” è presente nell’Eucaristia, onde il prete sia servo buono, fedele, prudente, povero, obbediente, casto, come Cristo.

Erano queste le riflessioni cui inclinavo l’animo a quelle prime notizie, colme di ansia, del ricovero urgente di Mons. Giuseppe Ricci, la domenica 15 maggio a Milano (Congresso Eucaristico) e pregavo che trovasse nell’Eucaristia, come avvenne, la forza dell’accettazione della Croce.

Il Redentore presente nell’Eucaristia è infatti, un segno di speranza per il mondo in tutta l’ampiezza di dimensioni, sul piano umano, spirituale, temporale, storico, cosmico, escatologico: ma al centro di questa economia di salvezza, vi è il Sacerdote, vi è l’uomo; sempre il Sacerdote, e ogni uomo, perchè il Sacerdote e l’uomo portano in sé una capacità d’infinito e di bisogno di eterna misericordia: alla fine, dopo tanto agitarsi e tanti affanni, come lui, Don Giuseppe, “riposeremo”.

Sentiremo gli angeli, vedremo il cielo che sfolgorerà di diamanti, vedremo tutto il male della terra e tutte le nostre sofferenze annegare nella misericordia che circonderà il mondo… e la nostra vita diventerà serena, tenera, dolce, perché contemplerai, faccia a faccia, il tuo Dio e Cristo; caduti anche i sottili veli del pane, sarà tutto in tutti, così, com’è!
Il Cristo della Croce e dell’Anno Santo, dell’Eucaristia e della Redenzione, ci dà la certezza che non si tratta di un sogno e che veramente nulla si perde di ciò che con lui si è fatto e sofferto sulla terra; per questo possiamo ancora una volta ripetere che in Lui è il segno infallibile di una speranza che non può morire. La misericordia di Dio ci circonda sempre. Cristo, morto per i nostri peccati e risorto per la nostra salvezza, ci precede aprendoci la strada della vera e piena umanità.

Lo spirito di Dio ci rinnova interiormente dandoci la capacità di arrivare ad essere in questo mondo veri figli di Dio, Sacerdoti veri, che mirano solo a edificare la Chiesa. È questo il mistero del rinnovamento e della redenzione che noi cristiani possediamo e noi Sacerdoti celebriamo costantemente nella Chiesa.

Quindi, durante quest’anno, ecco le conclusioni del messaggio di questo nostro fratello: dobbiamo vivere con speciale attenzione e profondità queste realtà meravigliose e forti che sostengono la nostra vita e ci concedono la capacità e l’obbligo di illuminare gli altri uomini e di promuovere la comunione nella comunità.

Un ringraziamento vivissimo ora sento di dover porgere: al cognato e ai nipoti che mi hanno edificato per l’assistenza data a Don Giuseppe; alla signorina Pina Venturini, per la dedizione affettuosa e ammirevole data a lui per anni.

E una raccomandazione rivolgo a tutta la comunità di Tuscania; ‘di non dimenticare – come inculca l’Apostolo Paolo col suo “mementote” – chi con la vita ha predicato la fede e nella parrocchia dei Santi Martiri e poi in tutta la Città”. L’anima sua, purificata, raggiunto il possesso eterno della beatificante luce, protegga, adorando, i nostri passi verso la stessa meta. Amen”.

(Orazione funebre pronunciata dal vescovo Mons. Luigi Boccadoro il 4 giugno 1983)
Dopo qualche anno (1986) il vescovo Mons. Luigi Boccadoro nominò parroco dei SS. Martiri Don Domenico Zannetti, ma ora la parrocchia è stata unificata nell’unica parrocchia del Centro Storico e, come sappiamo, è stata affidata al vicario foraneo Don Alessandro Panzeri.

E proprio don Sandro, nell’omelia da lui tenuta in occasione del trigesimo della morte di Don Domenico Zannetti, auspicava la realizzazione di un suo “sogno”: costruire nel cimitero una cappella per tutti i sacerdoti e religiosi di Tuscania, in cui trasferire anche i resti mortali (con le rispettive epigrafi) di quelli defunti nel passato, in modo che i Tuscanesi, quando si recano al cimitero a pregare per le anime dei defunti e venerarne la memoria, possano trivare riuniti in un sol luogo gli educatori spirituali di intere generazioni di cittadin

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Mons. Stanislao Regni

Mons. Stanislao Regni nacque a Tuscania il 16 marzo 1915. Iniziò gli studi presso il Seminario Interdiocesano e li proseguì in quello Regionale di S. Maria della Quercia. Fu ordinato sacerdote il 16 luglio 1939 dal vescovo Mons. Adelchi Albanesi.

Il 1° settembre 1938 divenne titolare del beneficio corale, poi canonico del Capitolo della Cattedrale di Tuscania dal 1° ottobre 1941. Chiamato a svolgere la sua attività presso il Seminario Interdiocesano, fu prima vicerettore, dal 1939 al 1945, poi direttore spirituale, dal 1945 al 1957, interessandosi anche ad altre attività, come quella di Assistente della Gioventù Studentesca Femminile (dal 1946 al 1950) e quella di professore di religione nella Scuola Media Statale (dal 1946).

Quindi divenne Rettore della Chiesa del Gonfalone di Viterbo, restandola a sue spese e ridandole il suo splendore artistico e liturgico. Durante i lavori trovò dei bozzetti, attribuiti agli inizi del XIV secolo.
Fu insignito del titolo di Cappellano del Sovrano Militare Ordine di Malta e collaborò efficacemente alla restaurazione e riapertura al culto della storica chiesetta viterbese della Madonna della Carbonara.
Nel giugno 1964 Il papa Paolo VI, su proposta del vescovo Mons. Adelchi Albanesi, lo nominò Cameriere Segreto Soprannumerario.

Abbonato ad un quotidiano, vinse una FIAT 600, che donò al vescovo.
Per moltissimi anni divenne il Cappellano del Collegio S. Giovanni e, contemporaneamente collaborò presso la parrocchia di S. Maria Nuova. Dal settembre 1968 (e fino alla morte) fu eletto Primicerio del Capitolo della Cattedrale tuscanese.

Dal 1° gennaio 1949, diresse senza interruzione l’Ufficio Amministrativo Diocesano (U.A.D.) con competenza, diligenza ed assiduità. Dallo stesso anno fu anche consulente del Centro Italiano Femminile (C.I.F.).

Fu anche delegato Regionale della F.A.C.I. e Direttore diocesano della Pia Unione dell’Apostolato della Preghiera e Assistente del Movimento dei “Focolarini”.
Si prodigò nell’aiuto di qualche ragazzo povero residente nei pressi della Chiesa dl Gonfalone, con aiuti finanziari e con lezioni private.

Quando cessò l’obbligo di usare la croce pettorale d’oro, la fece fondere con la catena, pure d’oro, per farne diverse medaglie con l’effigie della Madonna, donandole in diverse ricorrenze.
Seppe essere custode fedele ed integerrimo del patrimonio materiale delle due diocesi di Viterbo e Tuscania; così pure portò sempre ad attuazione la volontà di coloro che, attraverso i legati testamentari, avevano lasciato beni immobili alla Chiesa. Morì improvvisamente, all’età di 57 anni, il 9 maggio 1972.

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Mons. Giovanni Copponi

Mons. Giovanni Copponi

Mons. Giovanni Copponi nacque a Tuscania il 21 novembre 1881. Fu ordinato sacerdote nel 1904. Insegnò greco, latino e francese nel locale seminario. Fu vicario generale e primicerio del Capitolo della Cattedrale dal 1921 fino alla morte.
Nel 1926 venne nominato membro della “Commissione Interdiocesana per la tutela e l’incremento dell’Arte Sacra” insieme al concittadino Cav. Giuseppe Cerasa.
Morì a Tuscania a 74 anni il 12 dicembre 1955. Così fu commemorato nella “Rivista Ecclesiastica” del febbraio 1956: “Nella tarda sera del 12 dicembre 1955, per repentino malore, chiudeva serenamente la laboriosa giornata sacerdotale, Mons. Giovanni Copponi, benemerentissimo Vicario Generale e Primicerio della Cattedrale di Tuscania. Al funerale partecipavano S. E. Mons. Vescovo Adelchi Albanesi, una larga rappresentanza del clero di Viterbo e moltissimi fedeli”.

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Mons. Leonardo Arieti

Mons. Leonardo Arieti nacque a Tuscania il 7 agosto 1877 da Secondiano Arieti e Beatrice Gentili. Fu ordinato sacerdote il 2 settembre 1902.
Per quasi tutta la prima metà del Novecento, ha seguito con diligenza ed impegno i giovani che frequentavano il Ricreatorio S. Luigi, fondato dal Conte Enrico Pocci, istituendo per loro una scuola di musica, di pittura e di artigianato in genere: dalla scuola di don Leonardo sono usciti personaggi come Amedeo Cerasa e Raffaele Eusepi (nel campo musicale), Giuseppe Cesetti e Renato Moretti (nel campo della pittura), ma hanno appreso da lui i primi rudimenti tanti giovani, divenuti poi provetti artigiani nell’arte del legno e dell’edilizia, come l’ing. Angelo Centolani.

Nel febbraio 1940 divenne Arciprete del Capitolo della Cattedrale in Tuscania, succedendo a Don Giuseppe Onofri. In cattedrale Don Leonardo curò con particolare attenzione i ragazzi del “Piccolo Clero”, addestrandoli a servire nelle cerimonie religiose.

Ormai avanti con gli anni, si ritirò in casa, ma non rimase inoperoso, perché divenne il confessore di numerosissime persone, sempre disponibile dal mattino alla sera nel suo oratorio domestico, dove sacerdoti e semplici fedeli accorrevano per consigli e la direzione spirituale. Era stimato come Sacerdote pio, mite, cordiale, accogliente. Il papa Paolo VI lo nominò Cameriere Segreto.

Ormai novantenne si ritirò nella Casa del Clero a Santa Maria di Nèrola (Roma), chiamata dal vescovo diocesano Mons. Luigi Boccadoro “Casa benemerita, quasi una zona pastorale per il rilevante numero di Sacerdoti qui ospitati ed assistiti con amore e perizia dalle benemerite Suore di S. Giuseppe di Cuneo e dai Direttori, a cominciare da Mons. Alberti che ne fu il primo”.

Mons. Boccadoro si recava di tanto in tanto a Nèrola a far visita ai suoi sacerdoti anziani, intrattenendosi a lungo con Mons. Leonardo Arieti, che morì il 7 marzo 1972, all’età di quasi 95 anni.

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