Siràcide 35,15b-17.20-22°; Salmo 33 (34); 2Timòteo 4,6-8.16-18; Luca 18,9-14
“Abbracciami, Signore!”
“Ama Dio, ama il fratello: egli è come te”: l’ideale è già negli scritti dell’Antico Testamento. Gesù Cristo dice invece: “Amate come io ho amato”. Il cristiano presuppone l’osservanza della Legge e giunge a scelte d’amore dello stile di Gesù. Lo stile del cristiano è al di là dell’umano. È imitazione di Gesù, Figlio del Padre.
Della Legge ne senti l’obbligo e l’oppressione, dell’Amore ti innamori. Come cristiani, siamo chiamati ad innamorarci di Gesù Cristo come lui si è innamorato della natura umana tanto da assumerla in sé anche se apportatrice di oppressione da parte di osservanti della Legge.
La Legge, solo formalmente adempiuta, può generare presunzione, invidia, gelosia perché è superba: è un male incompreso e cagiona, perfino nella preghiera, il disprezzo dei fratelli: «O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano». Gesù condanna l’intima «presunzione di essere giusti e il disprezzo degli altri» che vengono divisi e giudicati da apparenze esteriori e precetti legali, non in base all’amore: «Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo».
Il criterio di una vita evangelica è diverso: «Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”». Gesù ribadisce l’ideale: «Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato».
Il pubblicano non agisce perché soggetto ad obblighi: si mette nelle mani di Dio, in attesa di esserlo nel suo cuore: «chiunque si esalta sarà umiliato, chi, invece, si umilia sarà esaltato».
Il Crocefisso abbraccia il peccatore ladro. Ne scaturisce una preghiera: “Abbraccia anche me, Signore!”.
Questo è il Dio di Gesù: «Il Signore è giudice e per lui non c’è preferenza di persone. Non è parziale a danno del povero e ascolta la preghiera dell’oppresso. Non trascura la supplica dell’orfano, né la vedova, quando si sfoga nel lamento».
Cerco di imparare a colloquiare, supplicare, sfogarmi con il Signore Dio? È «la preghiera del povero che attraversa le nubi né si quieta finché non sia arrivata; non desiste finché l’Altissimo non sia intervenuto e abbia reso soddisfazione ai giusti e ristabilito l’equità». Il povero ed il peccatore sono pronti ad accogliere misericordia perché sono coscienti di non valere nulla di fronte alla grandezza di Dio. Il povero riceverà onore da Dio anche se dall’uomo è stato rifiutato: «Nella mia prima difesa in tribunale nessuno mi ha assistito; tutti mi hanno abbandonato». Il peccatore, da tutti abbandonato, si trova, invece, nelle braccia del Padre misericordioso.
In chi sceglie l’amore sorge il desiderio e l’impulso per il perdono da donare e la comprensione per il fratello che sbaglia: «Nei loro confronti, non se ne tenga conto».
L’Apostolo consapevole delle proprie fragilità, confessa: «Figlio mio, io sto già per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa vita. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede». Attende, per sé e per i fratelli «la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione». Io non ho compiuto grandi opere, «il Signore, però, mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l’annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero».
Nella esistenza terrena, l’Apostolo, ha già ricevuto molto dal Signore: da Lui «fui liberato dalla bocca del leone».
Ora attende che il Signore completi la sua opera: «Il Signore mi libererà da ogni male e mi porterà in salvo nei cieli, nel suo regno. A lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen».
“O Dio, fa’ che ci apriamo con fiducia alla tua misericordia, che da peccatori ci rende giusti”.
(didon)
