Comunità Parrocchiale Tuscania

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Sapienza 9,13-18; Salmo 89 (90); Filèmone 1,9b-10.12-17: Luca 14,25-33
Scelte: Amore e Abbandono
«Quale uomo può conoscere il volere di Dio? Chi può immaginare che cosa vuole il Signore?». Qualcosa che Dio desidera dall’uomo si desume dal Vangelo. Uno di questi valori è “Abbandono”.
1. Abbandono è capacità di eliminare ogni ostacolo alla conoscenza di Dio e al divenire suo possesso. La scelta dell’abbandonare non deriva da una costrizione, ma da una libera scelta. Scrive S. Paolo al cristiano Filemone:

«Non ho voluto fare nulla senza il tuo parere perché il bene che fai non sia forzato, ma volontario». Non interessano a S. Paolo leggi e scelte politiche, interessa la conversione dei cuori perché ogni fratello testimoni libere scelte politiche adeguate al Vangelo, non a leggi umane. Interessa che il fratello credente consideri il fratello «non più come schiavo, ma molto più che schiavo, come fratello carissimo. Se dunque tu mi consideri amico, accoglilo come me stesso: in primo luogo per me, ma ancora più per te, sia come uomo sia come fratello nel Signore».
Convertiti i cuori, si sconfiggerebbero ingiustizie sociali, schiavitù, guerra.
Il cristiano disegna ideali e traguardi, ai quali seguono azioni corrispondenti: il contrario di chi «volendo costruire una torre non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine» e di chi dovrebbe considerare con cura e con urgenza la necessità di «mandare dei messaggeri per chiedere e costruire pace» già quando «l’altro è ancora lontano».
2. Abbandonarsi nelle mani di Dio, tra le sue braccia di Padre amorevole: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo».
Il Vangelo afferma la necessità di non porre in alternativa l’amore per fratelli, padri e madri all’amore verso il Dio misericordioso. Non può esistere un amore che sia alternativo. Domanda insensata posta ai bambini: “A chi vuoi più bene: al babbo o alla mamma?”. Il “più” non è soltanto di troppo, ma è diseducativo, quindi peccato e «chiunque commette il peccato è schiavo del peccato».
La risposta dovrebbe essere: “Amo Dio perché ama”. Non “Amo perché mi ama”. Alla domanda: “Chi è la mamma?”, non ci si può attendere il “La mamma cuce, stira, lava”, ma “La mamma è importante perché ama”. Nella lettera di S. Paolo troviamo la bella risposta: “Rendo grazie al mio Dio, ricordandomi sempre di te nelle mie preghiere”.
«Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me non rinuncia a tutti i suoi averi non può essere mio discepolo». Gesù Cristo ci è maestro perché ama fino alla Croce. La mamma ci è maestra perché, come Gesù, ama fino alla Croce: ama Dio, ama me.
«Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi».
Gesù ci è testimone: «Non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato: faccio sempre le cose che gli sono gradite». Non agisco perché comandato, ma libero e sapientemente felice perché gradito.
La preghiera: «Donaci la sapienza del tuo Spirito perché possiamo diventare veri discepoli di Cristo tuo Figlio, vivendo ogni giorno il Vangelo della Croce».
(didon)