Comunità Parrocchiale Tuscania

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Gènesi 14,18-20; Salmo 109 (110); 1Corìnzi 11,23-26; Luca 9,11b-17
Fate questo in memoria di me
«Il giorno cominciava a declinare»: declinava 2000 anni fa davanti a Gesù ed ai suoi; oggi comincia a declinare nel mondo parzialmente redento, nel quale, Parola fatta Carne, «prende a parlare alle folle del regno di Dio»:
1. Se siete miei amici, «Fate questo in memoria di me»: il far «memoria di Gesù Cristo» è chiamato “Dominicum”: «Senza vivere la Domenica, nulla possiamo essere». Il cristiano è una persona che va a Messa: Celebrata e Vissuta costituisce e crea il cristiano nel suo essere, la sua personalità, dignità, identità. Dove c’è il “Dominicum”, lì, è il Cristiano». Non è un rito da compiere, ma è vita da vivere: «Il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi».
«Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue. Fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me. Ogni volta, infatti, che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore».
L’Eucaristia, il “Dominicum” inizia la Domenica nell’ascolto della Parola e nella accoglienza del “Pane degli Angeli”, che si fa Pane degli uomini e si completa nella settimana «finché egli venga». Il «finché» ha due significati: «fino a quando il Signore verrà alla fine dei tempi»; e: «affinché il Signore, ogni giorno venga, fino alla fine dei tempi». Se non viviamo ogni giorno la «memoria», ritardiamo la sua venuta, la liberazione dal peccato del mondo, la resurrezione alla vita vera.
2. «Gesù disse loro: “Voi stessi date loro da mangiare”». Il Cristiano è lieto di essere Chiesa, per i giorni della settimana che seguono la Domenica e porta Eucaristia, il “Padre nostro” ed il “Pane nostro”, ai fratelli che non sono potuti intervenire alla festa: celebra il “Dominicum”.
Constatando che i discepoli non riescono a svolgere il compito affidato, «Gesù prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla».
Missione del cristiano non è condannare il male, ma redimere, chiarire nel pensiero, entrare nel cuore; mettere in comunicazione il cuore umano con il cuore di Dio. Ogni discepolo completa nelle membra sue e dei fratelli quello che manca all’Eucaristia, alla Passione e Resurrezione di Cristo, a favore della Chiesa.
Si celebrano riti, non si celebra la vita. Tempi di diseducazione determinano usi e costumi cristiani senza che l’animo sia cristiano. Chiunque si dice Cristiano, sia aiutato dai fratelli a vivificare il cibo accolto. “Questo cibo è chiamato da noi Eucaristia, e a nessuno è lecito parteciparne, se non a chi crede che i nostri insegnamenti sono veri, si è purificato con il lavacro per la remissione dei peccati e la rigenerazione, e vive così come Cristo ha insegnato”.
Sono chiamato a scegliere se essere con Gesù Cristo o essere senza di Lui. Ed essere coerente: Gesù «guarisce quanti hanno bisogno di cure»: non è un parolaio. Gesù parla e tutto è fatto, annuncia e realizza.
Rendendo viva la conversione, rendiamo vera la «memoria». Soltanto il peccato contro il Santo Spirito non sarà perdonato: chi rifiuta positivamente il “Dominicum” si pone “fuori di Gesù Cristo”. Ed il giudizio spetterà al Padre.
«Signore, fa’ che nella partecipazione all’unico pane e all’unico calice impariamo a condividere con i fratelli i beni della terra e quelli del cielo. Benedetto sia Dio e benedetto l’uomo fedele all’Altissimo, creatore del cielo e della terra».