Comunità Parrocchiale Tuscania

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La morte di una persona cara porta sempre molto dolore e scompiglio nelle famiglie. La fede cristiana ci invita ad illuminare tale evento dalla speranza della Risurrezione. Ricordo bene una frase del Vescovo Fiorino Tagliaferri al funerale di mio padre il 5/8/1995: “Piangete pure perché vi manco, ma non piangete perché sono morto”.
È la professione di fede nella risurrezione della carne e nella vita eterna che ci permette di piangere, e soffrire per la mancanza del nostro familiare e allo stesso tempo sperare, rasserenarci, confidare che un domani ci rincontreremo nella luce di Dio.
Come comunità cristiana di Tuscania siamo chiamati a stringerci attorno ai fratelli che vivono questo dolore. Ognuno di noi sicuramente ha perso almeno una persona cara nella vita e deve averci fatto piacere la vicinanza dei fratelli e delle sorelle in Cristo.Ecco alcune idee che potremmo vivere come comunità parrocchiale per dimostrare la vicinanza alle famiglie nel dolore:
Quando la persona muore nella sua casa e non in ospedale, il gruppo femminile delle Aralde della Madonna Addolorata proporrà in casa un momento di preghiera: è il primo segno di vicinanza da parte della Parrocchia.
La celebrazione delle Esequie potrà terminare nel piazzale fuori della Chiesa con una solenne professione di fede: credere che il nostro amico un giorno risorgerà, che le sue sofferenze e speranze, che ciò che ha seminato nella vita di bene rimarrà in eterno, che la sua vita ha un respiro eterno e non finirà nella tomba e professarlo insieme come comunità darà a ciascuno di noi la forza di vivere al meglio il resto della nostra vita. Noi siamo fatti per il bene, siamo fatti per amare e per essere amati, siamo amabili e capaci di amare. Questo esprime il rito funebre. L’aspersione con l’acqua benedetta ricorda il giorno del battesimo, in cui siamo stati innestati nella vita divina; l’incenso ricorda che il nostro corpo è tempio dello Spirito Santo, che Dio e la felicità abita dentro di noi. La nostra vita terrena è una “affacciata di finestra” tra due eterni abbracci di amore, nel pensiero di Dio prima della nostra nascita e nella vita eterna dopo la nostra morte. “Siamo nati e non moriremo mai più” dice Chiara Corbella Petrillo.
Nei due segni dell’acqua e dell’incenso mettiamo il nostro ringraziamento a Dio e alla persona amata che salutiamo per il bene seminato nelle nostre vite: quante parole buone, quanti gesti di amore il nostro cuore ricorda, specialmente quando a morire è uno dei nostri genitori. “Grazie mamma, grazie papà, grazie sposo, grazie sposa, grazie fratello, grazie sorella, grazie amico, grazie amica per ogni tuo gesto d’amore seminato nella mia vita” può essere la preghiera da innalzare a Dio durante questi due segni della liturgia.
Quando muoiono più persone nello stesso giorno della nostra comunità parrocchiale, se logisticamente possibile, sarà bello celebrare un unico funerale insieme: in una famiglia si condivide tutto, soprattutto il dolore. Sarà sempre una occasione di fratellanza e amicizia tra le famiglie colpite dal lutto per sentirsi ancora meno soli e incoraggiati da tutta la comunità parrocchiale.
Il momento più difficile arriva poi dopo il funerale: è il momento della realizzazione, della mancanza, della solitudine. L’appuntamento di fede più importante sarà allora l’Eucaristia della domenica successiva. Noi cristiani crediamo che nel pane consacrato il tempo non segue più la logica del nostro mondo, ma dell’altro: il Corpo di Cristo è già quei cieli nuovi e quella terra nuova in cui vivremo per l’eternità, il Paradiso è già presente. Facendo la comunione, quindi, entreremo in comunione non solo con il grande mistero della Santissima Trinità, ma anche con i nostri fratelli che già godono della vita eterna. È una comunione sicuramente molto più profonda e intima con il nostro amico salito in cielo di quella che abbiamo potuto sperimentare in terra. Sarà anche occasione di preghiera di suffragio per la necessaria purificazione dei suoi peccati e delle sue povertà: tutti e spesso non riusciamo ad amare come vorremmo veramente, e tutti cadiamo costantemente nel peccato. La preghiera di intercessione nel giorno della Domenica, giorno della Risurrezione, Pasqua della settimana, sarà un atto fondamentale per tutti coloro che hanno partecipato al funerale. L’appuntamento per tutti sarà la domenica sera al Santuario della Madonna Addolorata: lì potremo stringerci attorno alla nostra Regina di Tuscania, e sentirci comunità di credenti capaci di farci carico del dolore uni degli altri.
L’elaborazione del lutto poi è un processo che ha bisogno di tempo e pazienza: per tutti gli amici e soprattutto per i familiari è necessario per elaborarlo continuare a nutrirsi della Parola di Dio e dell’Eucaristia ogni domenica, sperimentare la risurrezione ogni 7 giorni, ricordarci che i nostri cari, insieme agli angeli e ai santi, celebrano con noi il grande giorno senza tramonto.
Il giorno 2 di novembre sarà occasione di ricordare i nomi di tutti i defunti dell’anno: presso la nostra Concattedrale del Duomo di San Giacomo la santa Messa sarà per ciascuno di loro. Nel periodo natalizio sarà poi necessario farsi di nuovo vicino alle famiglie che nell’anno hanno subito un lutto. Il Natale è il periodo più difficile per chi soffre, e tutti sicuramente almeno una volta ci siamo passati. Sarà premura della comunità parrocchiale pensare ad un momento celebrativo nei giorni successivi al 25 dicembre.
Come segno di suffragio nei confronti dei nostri cari, come oramai è ottima consuetudine, le offerte raccolte durante il funerale sono destinate alla Caritas parrocchiale. Noi accompagniamo i nostri defunti con la preghiera e con le opere della carità: tante sono le famiglie che hanno bisogno costantemente di aiuto nei generi alimentari, nel pagare ogni genere di bollette, nelle necessità quotidiane della vita, e purtroppo il numero è sempre in aumento. È sempre bello vivere questo gesto di solidarietà: rende il dolore più luminoso, più umano, paradossalmente più bello e ricco di speranza.
Altra cosa importante, invece, sempre meno richiesta purtroppo, è il chiamare il sacerdote per l’unzione degli infermi e il viatico prima del decesso. È un momento di grande grazia, in cui poter salutare la persona cara ancora in vita e ringraziarla di persona per il bene fatto, abbracciarla, farle sentire la nostra vicinanza. E quale migliore metodo se non i sacramenti? Come comunità cristiana purtroppo abbiamo fatto cadere in disuso questa importantissima realtà: il morire in stato di grazia. Nessuno dovrebbe mai morire senza assoluzione, unzione e comunione sacramentale. Gentilmente come sacerdoti e come cristiani vi imploriamo: chiamateci a casa prima che il decesso avvenga, non dopo. Negli ospedali dopo il covid a noi sacerdoti “esterni” non sempre ci è permesso entrare ma è sempre possibile richiedere il cappellano dell’ospedale o della clinica stessa.
Pensando di fare cosa gradita, vi chiediamo di diffondere queste idee, soprattutto per quanto riguarda l’unzione dei malati e il viatico. Annunciate che Cristo è risorto e che la morte è stata vinta. È questa la nostra felicità.

Con affetto, don Pierpaolo, don David, don Michele