Di Mauro Loreti
La più antica memoria risale al giorno 8 novembre 1620, quando Andrea Simoncelli gonfaloniere del popolo di Toscanella, Pietro Antonio Rosetti , Erminio Fiordalisi assessori ed i consiglieri comunali procurarono che le Monache nostre di S. Paolo avessero una particella d’acqua ancor loro condotta nel Monastero, stante la necessità che ne avevano e perché era opera degna di molte lodi. Era stato costruito da poco il nuovo acquedotto dalle sorgenti di San Savino. La Ministra era suor Faustina Surga e la Vicaria suor Felice Mattuzzi.Nell’adunanza consiliare del 18 luglio 1635 don Gerolamo Scatoglia, arciprete e vicario del vescovo , espose ai consiglieri che il condotto maestro che conduceva acqua al Monastero ed alla fonte di Cavaglione aveva causato gran danno alle muraglie, al dormitorio e al refettorio. Chiese pertanto la debita tempestività nei lavori. Il gonfaloniere Fabrizio Cavetani, l’assessore Bonsignore Bonsignori ed i consiglieri comunali deliberarono di accomodare il condotto dell’acqua, con quella minore spesa possibile ,in modo da levare il danno che pativa il Monastero e fu resa l’acqua che mancava totalmente sia alla fonte delle Monache come a quella sottostante di Cavaglione. Ministra era suor Livia Bonsignori e Vicaria suor Girolama Diana Bianchini.
Il 20 aprile 1636 il gonfaloniere Gabriele Bassi e gli assessori Francesco Giuliani e Cristoforo Cimarelli fecero effettuare una nuova riparazione .
Il giorno 8 maggio 1652, quando era Ministra suor Maria Teresa Fani, per dar rimedio alla riparazione dell’acquedotto che porgeva l’acqua alle Monache di S. Paolo ed alla fonte del Cavaglione, per pubblica comodità , da parte degli amministratori comunali Cesare Mansanti, Mario Danzetta, Giovanni Ciotti, Marco Pocci, Alessandro Ricci, Gregorio Mario Atanasi, Ercole Consalvi, Pietro Paolo Gozzi e Vincenzo Pacifici fu fatto scoprire il terreno dove si giudicò la necessità ed ivi fu aggiustato con i condotti di piombo, in modo tale che potesse resistere.
Il 21 giugno 1652, ad effetto che non mancasse l’acqua alle Monache nostre di S. Paolo ed alla fonte pubblica, gli assessori Angelo Gioia e Giacomo Cesari fecero sistemare il condotto, interamente rotto ,dentro il Monastero delle Monache, che dava l’acqua ad esse ed alla fonte pubblica e fu sistemata anche la rottura della conduttura, fuori della porta di Montascide, che dava l’acqua all’omonima pubblica fontana.
Il 10 giugno 1691 le Monache desideravano avere la chiave della Botte dell’acqua per levare l’acqua ,volendo fare rimettere in ordine alcuni loro condotti rotti, essendo senz’acqua nelle loro fontane e nella loro cisterna, perché, altrimenti , non sapevano come fare. Davanti al Angelo Cima ,rappresentante del tribunale, il gonfaloniere Francesco Giannotti e gli assessori Gerolamo Ricci e Giacomo Felice De Angelis dettero l’incombenza a Bartolomeo Ricci di assistere ai lavori nella loro botte dell’acqua con dar loro la chiave.
Il 12 agosto 1691 l’Esattore delle Monache andò nella Cancelleria comunale per domandare la chiave della Botte dell’acquedotto , per togliere l’acqua delle pubbliche fonti onde poter assestare alcuni condotti rotti , a causa di che erano le Monache nostre senz’acqua. Gli amministratori deliberarono di consegnare la chiave della Botte dell’acqua all’Alfiere Pietro Gioia affinché andasse col muratore per levare l’acqua, acciò si potessero accomodare i condotti delle Monache.
Il giorno 8 gennaio 1871,il sindaco Imperio Marcelliani, i consiglieri Isidoro Eusepi, Fabrizio Carletti, Giuseppe Boccaletti, Angelo Arieti, Domenico Paoletti, Carlo Campanari, Andrea Marinozzi e Francesco Pontani, in seguito ad una petizione degli abitanti della Contrada Cavaglione reclamanti il beneficio dell’acqua potabile nella fontana antichissima che esiste nell’indicata contrada, rimasta senz’acqua per l’opposizione a mandarla da parte dell’Amministrazione del Monastero di San Paolo, provveduto d’una quantità d’acqua potabile oltre il bisogno, il Consiglio Comunale di Tuscania deliberò di autorizzare la Giunta Municipale ad effettuare tutte le operazioni necessarie per provvedere dell’acqua potabile la fontana del Cavaglione. In conformità della suddetta deliberazione l’ufficio tecnico comunale invocò dalla Madre Abbadessa delle Monache di S. Paolo , suor Chiara Maria Ippoliti , ed alla Vicaria suor Rosa Celeste Laurenti, il permesso di accedere nel loro orto con gli assistenti comunali ed il muratore , onde rintracciare l’acquedotto che conduceva l’acqua alla fonte del Cavaglione che era nell’orto medesimo, ragione per cui si accennava ,nella proposta per la deliberazione anzidetta ,agli ostacoli che l‘immissione dell’acqua aveva incontrato presso l’Amministrazione del Monastero a forma della concessione. Arrivava nel Monastero una quantità esuberantissima d’acqua da formarvi un laghetto. La Madre Abbadessa il 16 gennaio rispose che il permesso doveva invocarsi al Monsignor Vicario del Capitolo della Cattedrale di San Giacomo Apostolo Maggiore l’arciprete Giuseppe Di Lorenzo. Arrivò il permesso ed il Comune iniziò i restauri nell’orto del Monastero ,allo scopo di condurre l’acqua nella fontana del Cavaglione. La particella dell’acqua del Monastero fu sempre sufficiente alle prime necessità della vita delle Monache. La fontana del Cavaglione veniva chiamata anche “fontana secca” proprio perché ,ogni tanto , rimaneva senz’acqua a causa dei danni nella conduttura.
Il 22 agosto 1874 fu concesso al canonico penitenziere Citurini di fare lo scavo sotterraneo ,nella strada vicino al campanile di San Silvestro, ove tutti sapevano che non vi erano cantine, per condurre l’acqua che gli era stata venduta dal Monastero di San Paolo nello scoperto di casa sua . Ne ridondò un utile al Monastero in quanto gli ritornò il ricasco dell’acqua del canonico.
FONTI E BIBLIOGRAFIA
ASCOT Archivio storico del Comune di Tuscania
GIUSEPPE GIONTELLA L’ordine dei Minori Conventuali di S. Francesco a Tuscania